SPIRIT OF AMERICA

America is a land of wonders, in which everything is in constant motion and every change seems an improvement ----------------------- ALEXIS DE TOCQUEVILLE

Sunday, January 30, 2005

New York, gli anni '90 sono gia' nostalgia

Ci si puo' rilassare sulla replica della panchina di Forrest Gump o trovare un po' di intimita' nella saletta a luci rosse dedicata a 'Basic Instinct'. Un vero fuoristrada Ford Bronco ricorda la grande fuga in diretta tv di O.J.Simpson, mentre un vestito blue di Gap con finte macchie e' un'omaggio a Monica Lewinsky e a un'epoca in cui alla Casa Bianca gli scandali sessuali preoccupavano piu' dell'Iraq e dell'estremismo islamico. New York ha fretta di avere nostalgia e a soli cinque anni dalla fine del decennio, ha gia' aperto il primo locale dedicato a celebrare gli anni Novanta. L'inaugurazione questo fine settimana di 'Nerveana', nel Greenwich Village di Manhattan, e' stata resa movimentata da una lotta nel fango tra due imitatrici di Hillary Clinton e della Lewinsky (che vive a poca distanza dal night club) e da fiumi di alcool versati in una serie di nuovi cocktail creati per l'occasione. Si va dall' 'O.J.', dedicato all'ex campione di football protagonista del 'processo del secolo' in California, al 'John Wayne Bobbitt', proposto come drink per 'darci un taglio' e dedicato a un celebre caso di evirazione del decennio scorso. ''Ci sono rigurgiti degli anni Novanta dovunque e abbiamo pensato di metterli insieme in un locale, perche' e' piacevole essere un po' nostalgici'', spiega Robert Wattman, il proprietario del night club. Il nome, 'Nerveana', e' in parte un tributo ai Nirvana del defunto Kurt Cobain e in parte un richiamo al coraggio ('nerve') di trasformare in icone pop personaggi e momenti di un decennio che sembra soltanto ieri. ''Il ciclo della nostalgia sta diventando cosi' cannibalistico - ha commentato Robert Thompson, un docente di cultura popolare alla Syracuse University - che cominciamo ad essere nostalgici di cio' che e' accaduto la settimana scorsa. Ma e' vero che gli anni Novanta sembrano psicologicamente assai piu' lontani di quanto non lo siano cronologicamente''. Il locale del Village ha messo insieme una collezione di memorabilia e manichini da far invidia a un museo delle cere di Madame Tussaud. Sharon Stone e il suo 'Basic Instinct' hanno un posto speciale, per cio' che rappresentarono negli anni Novanta. L'auto della grande fuga in autostrada di O.J. Simpson viene proposta come saletta per i Vip. Affreschi alle pareti e riproduzioni offrono tributi a Cobain e alle Spice Girls, mentre i personaggi della serie tv 'Beverly Hills 90210' mostrano sorrisi hollywoodiani da immagini di cartone. Anche il kolossal cinematografico 'Titanic' si e' guadagnato un cocktail che promette di ''trascinarti verso il fondo''. Le decorazioni del bar sono ispirate ai personaggi dei 'Simpson'. Un'ala del locale e' stata dedicata alla musica hip-hop e al suo decollo negli anni Novanta, con ritratti di rapper come Tupac, Eazy-E, P.Diddy , Dr.Dre, Snoop Dogg e Notorious B.I.G.: la saletta che raccoglie i loro cimeli e' anche la zona dove vengono offerti gli alcolici piu' forti. Wattman e' uno specialista della commercializzazione della nostalgia e del tentativo di far diventare tendenza, kitsch e cultura pop eventi recentissimi. Venti anni fa apri' il suo primo locale a New York, il 'Polly Esther's', dedicato alle memorie degli anni Settanta. Il decennio successivo, gli '80, era appena finito e Wattman era gia' pronto con un locale a tema, 'Culture Club'.

Friday, January 28, 2005

L'Onu litiga sul Sudan e in Darfur continuano i massacri

Settantamila morti, compresealcune decine di abitanti di un villaggio bombardato mercoledi', non sono bastati fino a ora a sbloccare la situazione. Il consiglio di sicurezza dell'Onu e' piu' diviso che mai sulla questione del Darfur, la regione del Sudan occidentale al centro di un massacro senza fine: gli Usa hanno aumentato le pressioni per far giudicare le stragi da un tribunale speciale e hanno ottenuto reazioni dure. Il nodo di come giudicare i crimini compiuti in Darfur tiene in stallo l'Onu, minando anche il cammino per la messa a punto degli strumenti per monitorare il fragilissimo cessate-il-fuoco siglato l'anno scorso tra il governo di Khartoum e i ribelli del Darfur. Le violazioni alla tregua non si contano (sarebbero gia' state un centinaio) e una delle piu' gravi sembra essere il bombardamento dei giorni scorsi del villaggio di Shangil Tobaya, nel quale secondo fonti dell'Onu sarebbero state ferite o uccise un centinaio di persone. Gli Usa hanno aumentato in questi giorni le pressioni sugli altri membri del Consiglio per dar vita a un tribunale speciale che giudichi i crimini in Darfur, utilizzando le strutture di quello gia' allestito ad Arusha, in Tanzania, per processare i responsabili del genocidio del 1994 in Ruanda. Washington cerca di scongiurare in tutti i modi la possibilita' che venga utilizzata per il Darfur la nuova Corte penale internazionale (Cpi), che gli Usa non riconoscono. L'amministrazione Bush si oppone alla Cpi per il timore che si trasformi in uno strumento per giudicare, tra gli altri, militari americani impegnati in operazioni all'estero. ''La nostra e' una posizione ben nota, non vogliamo prender parte a una legittimazione della Cpi'', ha detto Pierre-Richard Prosper, l'ambasciatore Usa incaricato dei crimini di guerra. Gli Stati Uniti per il momento non hanno messo nero su bianco la loro proposta con una bozza di risoluzione, ma stanno cercando di convincere altri membri del Consiglio ad appoggiare l'idea. Ma il progetto americano si scontra con l'opposizione netta di alcuni paesi europei presenti nell'esecutivo, che tra l'altro rifiutano - con posizioni diverse - di accogliere la tesi statunitense secondo la quale quelli commessi in Darfur sono da classificare come atti di un 'genocidio', con le conseguenze legali internazionali del caso. ''Per quello che e' accaduto in passato nel nostro continente - spiega una fonte diplomatica europea del Consiglio di sicurezza, che chiede di non essere citata - non vogliamo che sia usata questa parola per descrivere i massacri. E' come dare l'etichetta di terrorista a qualunque gruppo impegnato in guerriglie nel mondo, costringendoci cosi', come Onu, a interrompere qualsiasi dialogo con loro''. La Cpi resta per gli europei, aggiunge la fonte, ''l'unica opzione possibile'', ma gli Stati Uniti sarebbero gia' riusciti a convincere nove dei 15 membri del Consiglio del contrario. Secondo gli europei, spazi per il dialogo erano stati aperti nei mesi scorsi dall'ex ambasciatore degli Usa all'Onu, John Danforth - uno dei diplomatici piu' attivi nella crisi del Darfur - ma le sue recenti dimissioni hanno ridotto le opzioni. Il braccio di ferro avviene in giorni in cui l'Onu attende un rapporto-chiave di una commissione che ha indagato sui crimini in Darfur, che si pronuncera' la prossima settimana e dovra' dire se ci sono gli estremi per parlare di genocidio. Le pressioni sul Consiglio di sicurezza sono accentuate dalle notizie che arrivano dal paese africano. Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, si e' detto ''profondamente turbato'' dalle informazioni sul bombardamento del villaggio e ha esortato le parti a rispettare il cessate il fuoco. A Bruxelles, Javier Solana, l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, ha appreso ''sconvolto'' le notizie. In Congresso, a Washington, una delegazione parlamentare americana appena rientrata dal Sudan ha fatto un quadro drammatico della situazione del paese e per rafforzare il proprio messaggio ha invitato a parlare l'attore Don Cheadle, candidato all'Oscar per un film, 'Hotel Ruanda', che ricorda a Usa e Onu le conseguenze di non reagire in tempo ai massacri. Secondo le stime dell'Onu, circa 1,8 milioni di persone sono rimaste senza casa e 70 mila sarebbero morte in Darfur nel conflitto che vede il governo impegnato a combattere i ribelli della zona anche con l'impiego di milizie musulmane, i janjaweed, che ricorrono a massacri e stupri etnici (Khartoum nega l'utilizzo dei janjaweed nel conflitto).

Tuesday, January 25, 2005

Google incontenibile, ora vuole anche il telecomando

Che c'e' stasera in tv? Chiedilo a Google. Il motore di ricerca piu' utilizzato della Rete punta a ritagliarsi ancora piu' spazio nelle case degli Stati Uniti - e, in prospettiva, del mondo - cercando di conquistare il simbolo del potere della famiglia media americana: il telecomando. Dopo aver avviato il megaprogetto di dar vita a una biblioteca universale online e mentre medita di sbarcare anche nel settore della telefonia, Google ha lanciato oggi la versione sperimentale di un nuovo motore di ricerca che aiuta gli utenti ha dare la caccia ai loro programmi televisivi preferiti. L'idea e' ancora in fase di sperimentazione e per il momento riguarda un primo, piccolo gruppo di reti televisive americane (Abc, Pbs, Fox News e C-Span). Ma e' solo il primo passo verso la trasformazione di Google anche in una guida tv, facendo cosi' del colosso di San Francisco sempre piu' un punto di riferimento indispensabile per l'utilizzo del web. Con i collegamenti a Internet che ormai sono disponibili nelle case americane piu' o meno in ogni stanza e sempre piu' a banda larga, grazie anche al boom delle connessioni Wi-Fi che stanno cambiando il rapporto con la Rete, per Google e' diventato ragionevole ritenere che l'accesso al web sia ormai semplice anche dal divano di casa e forse piu' comodo che sfogliare la tradizionale guida tv. Per questo, i programmatori hanno messo a punto una versione del loro celebre motore di ricerca che va a pescare nei testi che le tv degli Usa trasmettono nelle case sotto forma di sottotitoli o di brevi schede di presentazione dei programmi, leggibili da chi dispone di servizi televisivi via cavo o via satellite (cioe' ormai la stragrande maggioranza degli americani). La versione 'beta' (sperimentale) che Google ha messo in rete da oggi (http://video.google.com) permette di cercare programmi televisivi ottenendo, per ognuno di loro, brevi descrizioni e fotogrammi presi dalla tv. Inserendo il proprio codice postale, e' inoltre possibile ottenere informazioni sulla programmazione locale dei grandi network e scoprire cosi', per esempio, gli orari dei prossimi episodi di 'Nypd Blue' (una popolare serie poliziesca della Abc), consultando brevi schede sulla trama e qualche fotogramma tratto dai film. ''Riteniamo che la Tv sia una parte importante della vita delle persone - ha spiegato Jonathan Rosenberg, vicepresidente per i prodotti di Google - e cio' a cui puntiamo, come ultimo traguardo, e' indicizzare tutti i programmi tv''. La societa' conta anche di mettere a disposizione, in futuro, brevi spezzoni televisivi: una possibilita' che apre probabilmente la strada a una valanga di nuovi strumenti di promozione da parte delle tv americane (oltre che ad offrire a Google l'opportunita' per far crescere ancora di piu' il proprio enorme giro d'affari). I concorrenti hanno intuito le potenzialita' del matrimonio tra Google e il telecomando e hanno cominciato a correre ai ripari. Yahoo!, che gia' aveva lanciato un servizio di ricerche di programmi televisivi, lo ha intensificato proprio nella giornata del lancio di Google Tv. Ma il motore di ricerca della California assomiglia ormai sempre piu' a un contenitore capace di assorbire ogni attivita' umana. Aveva fatto rumore, nelle scorse settimane, l'annuncio dell'avvio da parte di Google di un progetto che prevede di 'scannerizzare' milioni di libri di alcune grandi biblioteche americane, per permettere di fare ricerche all'interno dei loro testi. E anche il mondo della telefonia e' stato scosso in questi giorni da mosse sul mercato da parte della societa' americana: secondo il quotidiano britannico The Times, Google si prepara a lanciare un servizio telefonico gratuito che collegherebbe gli utenti attraverso una connessione a banda larga, il computer e un set di auricolari.

Friday, January 21, 2005

Bush e i tiranni, una geografia difficile

Il primo test e' in arrivo il mese prossimo, quando George W.Bush volera' in Europa e incontrera' ''l'amico Vladimir''. Il vertice del 24 febbraio a Bratislava con il russo Vladimir Putin, offrira' indicazioni su come il presidente americano intende tradurre in fatti le promesse del suo discorso d'insediamento, tutte incentrate sulla volonta' dell'America di diffondere la liberta' nel mondo e combattere le tirannie. I rapporti con la Russia sono uno degli esempi delle difficolta' che, secondo gli esperti, l'amministrazione Bush incontrera' nel gestire la nuova geografia dei buoni e cattivi che emerge dal discorso del presidente e dal programma del suo prossimo segretario di Stato, Condoleezza Rice. La politica degli Usa d'ora in poi, ha proclamato Bush dopo il giuramento, e' quella di sostenere ''la crescita di movimenti e istituzioni democratiche in ogni nazione e cultura, con l'obiettivo finale di metter fine alla tirannia nel mondo''. Un programma che ora va alla prova dei fatti su un ampio scenario internazionale: dalla Russia alla Cina, dall'Arabia Saudita all'Egitto, dal Pakistan all'Uzbekistan, per Washington ci sono problemi in un gran numero di paesi nel fare seguire le parole da azioni concrete. ''Ora che Bush ha proclamato questo obiettivo - ha commentato l'esperto di politica estera Robert Kagan, intervistato dal Los Angeles Times - sara' constantemente sfidato su come lo sta affrontando. Ci sono casi, come quello della Cina, dove ci fermeremo assai lontano dal traguardo''. - IL BINOMIO RUSSIA-CINA: Dopo aver proclamato per anni l'amicizia con Putin, Bush deve ora decidere che atteggiamento tenere di fronte alle accuse degli osservatori internazionali alla Russia di aver attuato un giro di vite sulle istituzioni democratiche e messo guinzaglio e museruola alla stampa indipendente. Interrogativi non molto diversi riguardano i rapporti con la Cina, diventato ormai il maggior partner commerciale degli Usa (gli investimenti americani nel paese ammontano a 35 miliardi di dollari) e un alleato prezioso nell' opera di contenimento della Corea del Nord. Una realta' che rende difficile, per Washington, alzare la voce contro un governo che certo non e' un esempio di liberta' e democrazia. L'insistenza di Bush sul termine 'liberta'', peraltro, ha preoccupato osservatori come Kenneth Roth, direttore di Human Rights Watch, perche' non e' stata accompagnata da alcun riferimento ai diritti umani: ''La liberta' e' un concetto astratto - ha detto Roth - ma i diritti umani vincolano tutti, compresa l'amministrazione Bush''. - IL MEDIO ORIENTE E GLI ARABI: La visione del mondo di Bush sara' messa a dura prova, ancora una volta, dai rapporti con l' Arabia Saudita, alleato politico, militare ed economico a cui Washington non puo' rinunciare, non fosse che perche' fornisce il 20% del petrolio usato dall'America. Gli osservatori internazionali lo catalogano tra gli stati meno liberi del mondo e non danno voti molto migliori a un altro partner importante per gli Usa, l'Egitto di Hosni Mubarak, che riceve ogni anno 2 miliardi di dollari di aiuti americani e non permette alcun commento su come vengono utilizzati. La collaborazione crescente nella guerra al terrorismo ha spinto in questi anni gli Usa a chiudere un occhio - talvolta entrambi - sulla situazione dei diritti civili in paesi come Libia, Marocco e la stessa Siria, uscita dall'elenco dei 'cattivi': la Rice non l'ha indicata in quelli che ha definito ''gli avamposti della tirannia'' nel mondo, cioe' Cuba, Myanmar (Birmania), Corea del Nord, Iran, Bielorussia e Zimbabwe. Kuwait, Bahrein e Qatar, non sempre all'altezza degli standard internazionali della democrazia, sono al di sopra delle critiche per l'ospitalita' che danno alle basi militari del Pentagono nel Golfo. - LA POLVERIERA DELL'ASIA CENTRALE: Le stesse ragioni di realismo legate alla lotta al terrorismo, riducono al lumicino la possibilita' che l'amministrazione Bush dia seguito alle parole del presidente quando si parla di paesi come il Pakistan, forse il piu' prezioso alleato in questi anni nella guerra ad Al Qaida lanciata dopo l'11 settembre 2001. Le restrizioni alla democrazia imposte dal presidente Pervez Musharraf suscitano poche proteste ufficiali al Dipartimento di Stato e non c'e' particolare interesse neppure a bacchettere il vicino Uzbekistan, che ha ricevuto piu' di 350 milioni di dollari di aiuti americani per la lotta all'estremismo islamico. Semidittature come Turkmenistan e Tajikistan, infine, ricevono assai meno ammonimenti di quanti Washington riservi all'Iran o al Venezuela.

Tuesday, January 18, 2005

Bush, un bis che consacra una dinastia insolita

Il loro carisma non e' quello dei Roosevelt, non hanno lo spessore storico degli Adams, ne' l'attrattiva glamour dei Kennedy. Ma con il terzo giuramento da presidente di un Bush in 16 anni, giovedi' prossimo, la famiglia piu' potente della politica americana nell'ultimo quarto di secolo consacra definitivamente il proprio posto nella storia degli Stati Uniti. Gli studiosi delle vicende presidenziali, anche quelli che non hanno simpatia per la dinastia bushiana, sono concordi: se George W. avesse perso la corsa alla conferma alla Casa Bianca, ripetendo l'esperienza del padre, i Bush avrebbero potuto essere considerati tutto sommato una parentesi nella lunga avventura americana. Ma con il bis che ha cancellato gli incubi paterni, legati alla sconfitta inflitta a Bush senior dal giovane Bill Clinton, i Bush sono arrivati a un livello di potere che fara' loro lasciare il segno per decenni nella vita degli Usa. Nessuna dynasty politica e' riuscita, come loro, a produrre due presidenti, un senatore e i governatori del secondo e quarto stato degli Usa (Texas e Florida). Nell'ultimo quarto di secolo, con una sola eccezione, in ogni campagna elettorale c'e' sempre stato un Bush nel 'ticket' repubblicano per la Casa Bianca. E per il futuro e' gia' pronta una nuova infornata per proseguire la tradizione. Il governatore della Florida Jeb Bush, fratello del presidente, nonostante le smentite ufficiali potrebbe essere un altro aspirante alla Casa Bianca. E suo figlio George P., per ora un avvocato ventottenne a Dallas, puo' essere un altro volto per il palcoscenico nazionale. Per essere un paese nato opponendosi alle dinastie reali europee, gli Usa hanno in realta' dato il potere piu' volte a membri delle stessa famiglia. Ma mai come e' successo con i Bush. Gli Adams, John e John Quincy, sono il solo altro esempio di padre e figlio diventati presidenti, ma entrambi lo furono per un solo mandato. I Roosevelt, Teddy e Franklin, erano solo cugini alla lontana. Nel XIX secolo sono diventati presidenti anche un nonno e nipote, William e Benjamin Harrison, ma il primo mori' di polmonite dopo un mese al potere e il secondo e' rimasto alla Casa Bianca per un solo mandato. Quanto ai Kennedy, i killer hanno limitato a meno di un mandato l'avventura di John Fitzgerald e impedito di cominciare a quella del fratello Bobby. Ted, il terzo fratello che ha avuto successo in politica, e' rimasto senatore e non e' ancora in vista un candidato convincente al trono tra gli eredi della Camelot democratica. I Bush sono l'antitesi della dynasty kennediana e il loro successo si e' consolidato seguendo lo spostamento delle fortune dei repubblicani dal New England - rimasto la roccaforte dei Kennedy, del loro pupillo John Kerry e dei democratici in genere - verso sud e verso ovest. Anche i Bush erano nati come famiglia dell'aristocrazia politica dell'est, con Prescott Bush (il nonno dell'attuale presidente) a rappresentare il Connecticut in Senato dal 1952 al 1963. Ma il vero decollo delle fortune bushiane e' avvenuto con l'emigrazione verso il West. George W., nato a New Haven in Connecticut ed educato a Yale, e' in realta' soprattutto un prodotto di Midland, in Texas e della mentalita' conservatrice di quella parte del Paese. Il fratello Jeb, a sua volta, e' diventato un fortunato innesto in un altro stato del sud a forte espansione repubblicana, la Florida. Nell'itinerario geografico dei Bush e' nascosta parte del successo della famiglia. Gli stati del sud e del west, quelli dove la dinastia ha radicato le proprie fortune fin dagli anni Settanta, sono la parte del Paese in crescita inarrestabile: nel 2010, secondo le stime del Census Bureau, nessuno dei tre stati piu' popolosi degli Usa sara' nel nord. I Bush hanno sempre cercato di definire come 'accidentale' la fortuna politica del clan. ''Se mio padre non avesse perso le presidenza nel 1992 - disse George W. durante la sua prima campagna presidenziale nel 2000 - io non mi sarei candidato a governatore del Texas nel 1994. E se non avessi corso per la carica di governatore, difficilmente avrei pensato alla Casa Bianca''. In realta', l'ascesa della dinastia e' frutto di un'accurata pianificazione familiare, anche se probabilmente e' vero che George W. non era ritenuto il piu' indicato tra i fratelli per puntare alla presidenza (''Lo chiamavamo il clown di famiglia'', ricorda il fratello Marvin) e le speranze sembravano riposte su Jeb. Ma la Storia sceglie sempre itinerari imprevedibili: neppure John F. Kennedy era il capolista nel suo clan, il prescelto era il fratello maggiore, poi morto in guerra.

Monday, January 17, 2005

Guerra in famiglia tra eredi M.L.King su gay e aborto

Negli anni delle grandi battaglie sui diritti civili negli Usa, Martin Luther King non disse mai una parola sui gay e l'aborto non era tra le sue principali preoccupazioni. Ma nell'America di George W.Bush, dove i due temi sono al centro dell'attenzione, tra gli eredi del leader nero e' ormai scontro aperto per cercare di utilizzarne il peso storico pro o contro il matrimonio tra omosessuali e la legge sulle interruzioni di gravidanza. L'intensita' della battaglia ideologica che si combatte in casa King e' emersa in tutta la sua portata nel giorno in cui gli Stati Uniti celebrano la festa nazionale dedicata alla memoria del reverendo ucciso nel 1968 (il Martin Luther King Day ne ricorda la nascita, il 15 gennaio 1929 ad Atlanta). Coretta Scott King, la vedova del leader nero, ha piu' volte invocato il suo insegnamento per scendere in campo a favore dei diritti dei gay e anche il figlio Martin Luther King III si batte per gli omosessuali. Ma la piu' piccola delle figlie dell'icona dei diritti civili, Bernice, e' diventata un'attivista nella chiesa di un vescovo protestante di Atlanta, Eddie Long, che sta diventando una delle voci piu' seguite nel Sud in tema di battaglia contro i matrimoni tra coppie dello stesso sesso. Alveda King, la nipote di MLK, ha deciso di affiancare Bernice nella campagna a favore di un emendamento costituzionale che sancisca che il matrimonio e' solo l'unione tra un uomo e una donna (una proposta appoggiata nei mesi scorsi anche da Bush, anche se la Casa Bianca sembra adesso piu' prudente in materia). Ma Alveda e' diventata soprattutto un'appassionata 'combattente' sul fronte del no all'aborto. Domani la nipote di King sara' di fronte alla Corte Suprema a Washington, per una conferenza stampa nella quale sara' lanciata una nuova offensiva legale contro la legge 'Roe contro Wade', che negli anni Settanta legalizzo' l'aborto. Al suo fianco ci sara' Norma McCorvey, la donna che nella storica sentenza del 1973 fu la protagonista della legalizzazione dell'interruzione di gravidanza sotto lo pseudonimo 'Jane Doe' e che ora, dopo aver invertito la rotta di 180 gradi, e' stata reclutata da organizzazioni fondamentaliste cristiane per smantellare la stessa legge. Il 24 gennaio, inoltre, Alveda King guidera' sempre a Washington una National March for Life, una marcia di donne ''che sono pentite per il loro aborto'', che cerchera' di far pressione sulla Corte Suprema per una svolta giudiziaria. La spaccatura in famiglia spinge ora entrambe le parti a tirare per la giacca il fantasma di Martin Luther King, nel tentativo di capire come si sarebbe potuto tradurre il celebre 'I have a dream' del leader nero sui fronti delle nozze gay e dell'aborto. ''Gay e lesbiche - ha detto la vedova, Coretta King - sono persone che hanno famiglie e le loro famiglie devono avere una protezione legale, che sia il matrimonio o l'unione civile. Un emendamento costituzionale che vieti le unioni dello stesso sesso e' una forma di persecuzione contro i gay e non servirebbe a niente per proteggere i matrimoni tradizionali''. Bernice ha scelto di non parlare in pubblico delle proprie convinzioni sull'insegnamento del padre, ma la cugina Alveda le fa da portavoce. ''Bernice e' convinta, nel profondo del suo cuore - ha spiegato - che suo padre non ha fatto le marce e non si e' preso un proiettile per i matrimoni gay. Io non credo che le persone debbano essere penalizzate per i loro affetti, ma occorre essere chiari sullo scopo della sessualita' e del matrimonio e questo scopo non puo' che essere la procreazione''.

Thursday, January 13, 2005

Nicholas il guardone, super hacker dei cellulari

Tra gli esperti di informatica Nicholas Jacobsen viene gia' considerato un fuoriclasse da 'top ten degli hackers'. Il ventenne della California, finito in manette dopo una lunga caccia all'uomo telematica, per oltre un anno ha scorazzato indisturbato in un mondo fino a ora poco frequentato dai pirati online: la marea di foto, email, messaggi di segreteria telefonica e informazioni che circolano attraverso i telefoni cellulari. Jacobsen, conosciuto nell'ambiente degli hackers con il nome di battaglia 'Ethics', e' riuscito a infiltrare i computer del network T-Mobile (gruppo Deutsche Telekom), il quarto gestore di telefonia mobile negli Usa con 16 milioni di utenti. Tra il 2003 e il 2004, prima di finire in manette nella sua abitazione nei pressi di Los Angeles, Nicholas ha avuto liberta' di movimento nel mondo dei dati affidati al telefonino, ha intercettato foto scattate con il cellulare, ascoltato messaggi e letto email e Sms di migliaia di clienti. L'hacker e' finito nei guai quando gli investigatori del Servizio Segreto, grazie a una soffiata nel mondo della pirateria informatica, hanno scoperto che qualcuno metteva a disposizione su un sito per lo scambio di carte di credito clonate informazioni prelevate dagli archivi dei clienti di T- Mobile. Ma prima di riuscire a catturare Nicholas, i segugi del ministero del Tesoro hanno dovuto subire da lui anche qualche umiliazione. Peter Cavicchia, un agente della divisione cybercrime che ha indagato su 'Ethics', era anche un cliente di T-Mobile e utilizzava un computer palmare collegato sulla rete cellulare per spedire email sull'inchiesta e custodire documenti d' indagine. Nicholas per lungo tempo ha potuto leggere i messaggi di Cavicchia, copiare atti giudiziari che lo riguardavano e perfino 'scaricare' dalla rete di T-Mobile un trattato di cooperazione segreto tra le autorita' americane e quelle russe, che l'agente aveva imprudentemente custodito sul palmare. L'arresto del giovane esperto informatico, che lavorava per una societa' di software, e' avvenuto a ottobre nell'ambito di una vasta operazione contro gli hackers, battezzata Operation Firewall. Ma solo adesso, con il deposito degli atti giudiziari per il suo processo, e' emersa la portata della sua infiltrazione nella rete di T-Mobile. ''Lo abbiamo preso in tempo, in una fase iniziale del suo gioco'', ha detto Peter Dobrow, portavoce della societa' telefonica, affermando che non e' stata violata alcuna informazione sulle carte di credito dei clienti, perche' si tratta di dati custoditi separatamente. Ma gli esperti di crimini informatici sono rimasti impressionati dalla vulnerabilita' dei computer di un colosso come T-Mobile e dall' abilita' di 'Ethics'. ''E' una delle incursioni piu' profonde mai scoperte, questo ragazzo potrebbe essere il vincitore nella gara tra gli hackers a chi e' il migliore'', ha detto Bruce Schneier, della societa' Counterpane Internet Security, al Los Angeles Times. ''In passato - ha spiegato Schneier - la segreteria telefonica era a casa, adesso a custodirla e' la societa' dei telefoni. Un tempo l'estratto conto ti arrivava con la posta ordinaria, ora e' sul web. La sicurezza di ognuno di noi dipende dall'avere in queste societa' assai piu' fiducia di quanto non avvenisse in passato e non c'e' niente che possiamo farci''. Jacobsen, che ora rischia cinque anni di reclusione, ha mostrato anche la vulnerabilita' delle agenzie che conducono le indagini, come il Servizio Segreto, che oltre ad occuparsi di pirateria informatica ha il compito di proteggere il presidente degli Stati Uniti. Un portavoce dell'agenzia ha ammesso che Cavicchia ha custodito documentazione che non doveva essere trasportata su un Pda - il computer palmare - ma e' probabile che la pratica sia molto diffusa tra gli agenti. La rivelazione, peraltro, arriva nello stesso giorno in cui e' emerso negli Usa che l'Fbi e' a un passo dal rinunciare a un programma informatico, costato mezzo miliardo di dollari per lo sviluppo, che dovrebbe essere alla base dello scambio di informazioni tra gli agenti nelle inchieste sul terrorismo. Il software, conosciuto come 'Virtual Case File', si sarebbe rivelato poco affidabile e anche vulnerabile alle infiltrazioni degli hackers.

Monday, January 10, 2005

Dov'era Dio?

La domanda se la sono posta in tanti, in tutto il mondo, dopo la tragedia nell'Oceano Indiano. Le risposte, però, spesso sono state fiacche, a dimostrazione dell'incapacità dell'uomo di oggi di stare di fronte al dolore con tutto lo spessore della propria umanità. Leggete, tanto per fare un esempio, la 'risposta' di William Safire, uno dei più celebri columnist conservatori d'America, sul New York Times di oggi. E poi provate a confrontarla con quella di Giancarlo Cesana, sul Corriere della Sera di un paio di giorni fa. E fatemi sapere...