L'Onu litiga sul Sudan e in Darfur continuano i massacri
Settantamila morti, compresealcune decine di abitanti di un villaggio bombardato mercoledi', non sono bastati fino a ora a sbloccare la situazione. Il consiglio di sicurezza dell'Onu e' piu' diviso che mai sulla questione del Darfur, la regione del Sudan occidentale al centro di un massacro senza fine: gli Usa hanno aumentato le pressioni per far giudicare le stragi da un tribunale speciale e hanno ottenuto reazioni dure.
Il nodo di come giudicare i crimini compiuti in Darfur tiene in stallo l'Onu, minando anche il cammino per la messa a punto degli strumenti per monitorare il fragilissimo cessate-il-fuoco siglato l'anno scorso tra il governo di Khartoum e i ribelli del Darfur. Le violazioni alla tregua non si contano (sarebbero gia' state un centinaio) e una delle piu' gravi sembra essere il bombardamento dei giorni scorsi del villaggio di Shangil Tobaya, nel quale secondo fonti dell'Onu sarebbero state ferite o uccise un centinaio di persone.
Gli Usa hanno aumentato in questi giorni le pressioni sugli altri membri del Consiglio per dar vita a un tribunale speciale che giudichi i crimini in Darfur, utilizzando le strutture di quello gia' allestito ad Arusha, in Tanzania, per processare i responsabili del genocidio del 1994 in Ruanda. Washington cerca di scongiurare in tutti i modi la possibilita' che venga utilizzata per il Darfur la nuova Corte penale internazionale (Cpi), che gli Usa non riconoscono.
L'amministrazione Bush si oppone alla Cpi per il timore che si trasformi in uno strumento per giudicare, tra gli altri, militari americani impegnati in operazioni all'estero. ''La nostra e' una posizione ben nota, non vogliamo prender parte a una legittimazione della Cpi'', ha detto Pierre-Richard Prosper, l'ambasciatore Usa incaricato dei crimini di guerra.
Gli Stati Uniti per il momento non hanno messo nero su bianco la loro proposta con una bozza di risoluzione, ma stanno cercando di convincere altri membri del Consiglio ad appoggiare l'idea. Ma il progetto americano si scontra con l'opposizione netta di alcuni paesi europei presenti nell'esecutivo, che tra l'altro rifiutano - con posizioni diverse - di accogliere la tesi statunitense secondo la quale quelli commessi in Darfur sono da classificare come atti di un 'genocidio', con le conseguenze legali internazionali del caso.
''Per quello che e' accaduto in passato nel nostro continente - spiega una fonte diplomatica europea del Consiglio di sicurezza, che chiede di non essere citata - non vogliamo che sia usata questa parola per descrivere i massacri. E' come dare l'etichetta di terrorista a qualunque gruppo impegnato in guerriglie nel mondo, costringendoci cosi', come Onu, a interrompere qualsiasi dialogo con loro''. La Cpi resta per gli europei, aggiunge la fonte, ''l'unica opzione possibile'', ma gli Stati Uniti sarebbero gia' riusciti a convincere nove dei 15 membri del Consiglio del contrario. Secondo gli europei, spazi per il dialogo erano stati aperti nei mesi scorsi dall'ex ambasciatore degli Usa all'Onu, John Danforth - uno dei diplomatici piu' attivi nella crisi del Darfur - ma le sue recenti dimissioni hanno ridotto le opzioni.
Il braccio di ferro avviene in giorni in cui l'Onu attende un rapporto-chiave di una commissione che ha indagato sui crimini in Darfur, che si pronuncera' la prossima settimana e dovra' dire se ci sono gli estremi per parlare di genocidio.
Le pressioni sul Consiglio di sicurezza sono accentuate dalle notizie che arrivano dal paese africano. Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, si e' detto ''profondamente turbato'' dalle informazioni sul bombardamento del villaggio e ha esortato le parti a rispettare il cessate il fuoco. A Bruxelles, Javier Solana, l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, ha appreso ''sconvolto'' le notizie.
In Congresso, a Washington, una delegazione parlamentare americana appena rientrata dal Sudan ha fatto un quadro drammatico della situazione del paese e per rafforzare il proprio messaggio ha invitato a parlare l'attore Don Cheadle, candidato all'Oscar per un film, 'Hotel Ruanda', che ricorda a Usa e Onu le conseguenze di non reagire in tempo ai massacri. Secondo le stime dell'Onu, circa 1,8 milioni di persone sono rimaste senza casa e 70 mila sarebbero morte in Darfur nel conflitto che vede il governo impegnato a combattere i ribelli della zona anche con l'impiego di milizie musulmane, i janjaweed, che ricorrono a massacri e stupri etnici (Khartoum nega l'utilizzo dei janjaweed nel conflitto).
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