L'11 settembre della Natura, morti di 40 Paesi
         E' una triste Onu del dolore, il segno evidente di un mondo sempre piu' 'piccolo' e globalizzato,  dove ogni tragedia non ha piu' dimensioni solo locali. Come l'11  settembre di New York, con i suoi morti di 80 nazionalita'  sepolti sotto le Twin Towers, cosi' il terremoto e lo tsunami in  Asia con il passare dei giorni assumono l'aspetto di un 11  settembre della natura, che ha disseminato di lutti l'intero  pianeta.
    Le informazioni che arrivano dall'oceano Indiano e  confluiscono al quartier generale delle Nazioni Unite, a New  York, indicano che piu' di 40 paesi sono stati colpiti. La  bandiera a mezz'asta di fronte al Palazzo di vetro, al posto dei  consueti 191 vessilli dei membri dell'Onu (che sventolano solo  quando e' riunita l'Assemblea generale), riassume il senso della  catastrofe planetaria.
    Le nazioni direttamente colpite sono 12, nel sud dell'Asia e  sulla costa dell'Africa che si affaccia sull'oceano Indiano. Si  va dalle ecatombe dell'Indonesia, dello Sri Lanka, dell'India e  della Thailandia, con le loro migliaia di vittime, ai pochi  morti di paesi lontani raggiunti dall'onda assassina, come il  Kenya e la Tanzania. A migliaia di chilometri dall'epicentro del  terremoto, la Somalia piange piu' di 100 vittime e la Fao  ritiene ci siano tra le 30 e le 50.000 persone che necessitano  urgenti aiuti umanitari. Ma almeno una trentina di altri paesi  stanno raccogliendo cadaveri o cercando notizie di centinaia di  turisti in vacanza, spariti nei paradisi cancellati dalla furia  dello tsunami. 
    Dopo l'Asia, e' l'Europa che sembra destinata a pagare il  prezzo piu' alto in una apocalisse dove il turismo esclusivo, i  nomi celebri, la gente comune in vacanza e le povere popolazioni  locali sono stati rimescolati e uniti dall'oceano impazzito. Migliaia di turisti erano scappati dall'inverno dei paesi  scandinavi e della Germania per recarsi sull'oceano Indiano. Tra  i 20 e i 30 mila svedesi trascorrevano le vacanze in Thailandia,  la piu' popolare meta turistica per la Svezia e ora mancano  notizie di circa 1.000 di loro. ''E' la peggiore catastrofe dei  nostri tempi'', ha detto il premier svedese Goran Persson. La  Norvegia ha perso le tracce di 800 connazionali e anche il  ministro degli Esteri di Oslo, Jan Petersen, ha parlato di un  lutto senza precedenti.
    Tedeschi, francesi e britannici erano presenti in gran numero  per le vacanze natalizie nei 'resort' della Thailandia, dove  quasi 1.000 stranieri sono gia' stati identificati tra le  vittime. Il 'Sofitel Magic Lagoon' di Khao Lak, il celebre  villaggio della francese Accor completamente distrutto dalle  acque, per due terzi era pieno di tedeschi. Anche l'Italia  sembra avviata a pagare un prezzo altissimo, dopo l'annuncio del  ministro degli Esteri Gianfranco Fini sui 600 italiani dispersi  tra gli almeno 8.000 che si trovavano nell'area della tragedia.  
    Le storie di bambini rimasti orfani e riconosciuti dai  parenti a migliaia di chilometri di distanza grazie a Internet,  contribuiscono a dare il senso della portata globale di una  catastrofe dove la Rete e' diventata uno dei principali  strumenti per la gestione dell'emergenza. Ma nell'incrocio delle  storie e delle nazionalita', la stampa internazionale e' rimasta  colpita anche dalle iniziative che di tecnologico non hanno  niente: come l'instancabile lavoro in Thailandia dell'operatore  turistico italiano Olinto Barletta e i suoi giri degli ospedali  di Phuket con il tricolore in mano per rintracciare i  connazionali, a cui dedica spazio anche il New York Times.
    La conta dei morti e dei dispersi non sembra risparmiare  alcun continente. In Sud America, il Brasile segnala di aver  riportato vittime. In Medio Oriente, il bilancio delle vittime  in Israele ha sfiorato quota 200. L'Australia ha una decina di  morti e altrettanti dispersi. E ancora vittime dalla Nuova  Zelanda a Taiwan, dal Sudafrica alla Turchia.
     L'Onu sta rispondendo con quella che i suoi leader hanno  definito ''un'operazione umanitaria senza precedenti nella  storia''. Lo sforzo appare enorme, per la vastita' dell'area  colpita e per le difficolta' logistiche di coordinare aiuti a  cosi' tanti paesi. Ma altrettanto impressionante, con il passare  dei giorni, appare la macchina dei soccorsi: l'elenco dei paesi  che hanno gia' contribuito con uomini, mezzi o soldi assomiglia  sempre piu' alla lista completa dei membri delle Nazioni Unite.
      
    
    


1 Comments:
At 11/04/2005 07:04:00 AM, Roberto Iza Valdés said…
 Roberto Iza Valdés said…
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