SPIRIT OF AMERICA

America is a land of wonders, in which everything is in constant motion and every change seems an improvement ----------------------- ALEXIS DE TOCQUEVILLE

Tuesday, February 22, 2005

Ciao don Gius, ci hai insegnato ad essere uomini

Don Luigi Giussani, 1922-2005

Monday, February 21, 2005

New York, la Statua della Liberta' vuole la fiaccola olimpica

Tutta colpa di Roberto Baggio e di una doppietta mondiale di 11 anni fa. Se New York e' da oggi e per tutta la settimana tappezzata di cerchi olimpici, nel tentativo di convincere il Comitato olimpico internazionale (Cio) di avere le carte in regola per ospitare i Giochi del 2012, la 'responsabilita' e' dell'ex attaccante azzurro: fu ammirando l'entusiasmo suscitato dalle sue prodezze al Mondiale negli Usa nel 1994 che e' sbocciata la sfida newyorchese. La data di nascita della candidatura di New York ai Giochi e' stata fissata nel 13 luglio 1994, il giorno in cui al Giants Stadium nel New Jersey l'Italia guadagno' l'accesso alla finale dei Mondiali battendo la Bulgaria per 2-1, grazie a Baggio. Daniel Doctoroff, allora un giovane imprenditore newyorchese e oggi vicesindaco, ha ricordato ai 13 membri della commissione di valutazione del Cio, appena sbarcati a New York, le emozioni di quel giorno. ''Se Italia e Bulgaria erano capaci di creare un tale entusiasmo negli Usa - spiega Doctoroff - cosa potrebbe accadere con un grande evento internazionale nel cuore di New York?''. Da allora, Doctoroff e' diventato l'instancabile promotore della candidatura della Grande Mela, giunta al momento decisivo in vista della decisione del Cio, che sara' annunciata a luglio a Singapore. New York ha gia' una fiaccola, la tiene in pugno la Statua della Liberta' ed e' diventata il logo della campagna NYC2012 per portare le Olimpiadi di nuovo negli Usa, dopo le avventure di Los Angeles e Atlanta. Ma trasformarla in una torcia olimpica non sara' impresa facile. Parigi sembra la piu' quotata tra le cinque finaliste e anche Londra, dopo aver coccolato per tutta la scorsa settimana la commissione del Cio, portandola anche al cospetto della regina Elisabetta, sembra aver riguadagnato terreno. Madrid, gia' visitata dagli esperti - che dopo New York sono attesi nella capitale francese e infine a Mosca - ha meno possibilita', anche per le minacce del terrorismo. A differenza di Madrid e Londra, New York non puo' offrire al Cio incontri con re e regine e neppure strette di mano con capi del governo: il presidente George W.Bush e' in Europa e non sono previsti faccia a faccia con esponenti dell'amministrazione. Ma la citta' americana non lo vede come uno svantaggio. ''Siamo l' unica, tra le cinque finaliste - spiega Jay Kriegel, direttore esecutivo di NYC2012 - a non essere una capitale e il modello americano e' diverso dagli altri. Siamo convinti di avere l'offerta migliore da fare al Cio, da tutti i punti di vista''. Per essere sicura di mostrare alla delegazione una citta' totalmente mobilitata per i Giochi, New York non ha badato a spese, anche perche' le Olimpiadi sono un affare valutato in 3 miliardi di dollari e la citta' di Wall Street, quando si tratta di affari, non e' seconda a nessuno. Times Square e' stata tappezzata di gigantesche scritte di benvenuto alla commissione guidata dalla marocchina Nawal el Moutawakel, medaglia d'oro nei 400 ostacoli alle Olimpiadi del 1984 ('Facciamo cominciare il sogno', e' lo slogan scelto per la campagna, insieme a 'New York, la seconda casa del mondo'). I grandi magazzini, da Macy's a Bloomingdale's, hanno le vetrine in tema olimpico e la pista da pattinaggio del Rockefeller Center ha cambiato look per ospitare i 5 cerchi. Il logo olimpico e' stato sparso su 13 mila taxi, 7 mila autobus e 4 mila vetture della metropolitana. Il tempo non ha offerto collaborazione, con una nevicata seguita da pioggia e atmosfere grigie, certo non l'ideale per il programma di iniziative all'aperto pensate per l'occasione. Ma dalle loro finestre nelle suite lussuose dell'hotel Plaza che li ospitano per tutta la settimana, i membri della delegazione possono catturare l'immagine mozzafiato di Central Park imbiancato dalla neve e disegnato dai 'Gates', le grandi strutture arancioni dell'installazione provvisoria dell' artista Christo. Una mini-maratona sotto le vele dei 'Gates' e' uno degli intrattenimenti pensati per questi giorni. Il dialogo tra i promotori della candidatura e gli esperti del Cio avviene in una elegante sala del Plaza, nella quale un gruppetto di giornalisti sono stati brevemente invitati a dare un'occhiata ai colloqui: atmosfera ovattata, moquette azzurra sul pavimento, musica di Gershwin in sottofondo, un grande logo tridimensionale di NYC2012 al centro della sala, a separare il tavolo della commissione da quello dove siedono il sindaco Michael Bloomberg, Doctoroff e il comitato olimpico americano. Le vetrate si affacciano su Central Park, il clima e' cordiale e pieno di coccole agli uomini e donne del Cio. Il cuore della candidatura di New York e il tema centrale della propria campagna e' il fatto di essere una citta' accogliente per tutte le etnie e le lingue. ''Inoltre - dice Kriegel - abbiamo un progetto spettacolare per portare le Olimpiadi dentro la citta', a partire dal Villaggio olimpico, e per lasciare a New York in eredita' grandi strutture''. Il 70% degli impianti sono pronti o in via di realizzazione, ma il nodo cruciale che verra' affrontato in questi giorni riguarda lo stadio olimpico: il progetto prevede di crearlo nel West Side di Manhattan, in piena citta', ma il dibattito a New York e' rovente su questo tema e tutt'altro che concluso. ''Avremo lo stadio, non ci sono dubbi sul fatto che lo realizzeremo'', dice Doctoroff. ''E le nostre rivali europee devono ricordare che la decisione finale la prendera' il Cio. E' presto per chiunque per cantare vittoria''.

Monday, February 14, 2005

Iran, quattro scintille per scatenare il caos

Un aereo senza pilota che cade in territorio iraniano. Uno scontro al confine con l'Iraq. Un commando americano infiltrato dall'Afghanistan scoperto dalle forze armate di Teheran. Oppure una pericolosa incomprensione tra le navi americane e iraniane che incrociano nel Golfo. Con le rivelazioni sull'uso da parte degli Usa di 'droni' per spiare dall'alto l'Iran, un altro rischio si aggiunge alla lista di potenziali scintille che potrebbero innescare tensioni e una pericolosa escalation di accuse tra Teheran e Washington. Uno scenario reso ancora piu' complesso dall'apparente braccio di ferro in corso tra i servizi d'intelligence negli Usa su come gestire il 'dossier Iran': fonti della Cia hanno lasciato trapelare sui media la loro irritazione per il fatto che il Pentagono e forse anche l'Fbi stiano lavorando autonomamente per cercare di creare una nuova rete di informatori dentro il paese. Un network di spie che gli Usa avevano creato in passato, secondo rivelazioni dei giorni scorsi, fu scoperto e decimato dagli iraniani negli anni Novanta, lasciando l'America senza fonti sicure all'interno dell'Iran. Il ministro degli Esteri iraniano Kamal Kharrazi ha ribadito la disponibilita' di Teheran a concedere liberta' di movimento a ispettori dell'Onu incaricati di verificare i programmi nucleari iraniani. E da parte dell'opposizione, negli Usa, arrivano nuove esortazioni all'amministrazione Bush ad appoggiare gli sforzi diplomatici portati avanti da Gran Bretagna, Francia e Germania. Ma in attesa delle prossime mosse della diplomazia, resta secondo gli esperti il rischio di eventi che scatenino reazioni difficili da controllare. - UN OCCHIO AL CIELO: Le rivelazioni del Washington Post sull'uso da parte degli Usa di aerei senza pilota del tipo Predator in Iran, hanno provocato un confuso mix di conferme e smentite. Il Pentagono ufficialmente non ha ammesso il ricorso ai droni, ma fonti militari e d'intelligence sostengono che non solo gli aerei senza pilota, ma anche velivoli-spia d'alta quota abbiano ispezionato a fondo negli ultimi tempi l'Iran, alla ricerca di conferme ai sospetti americani su un programma di armamento nucleare portato avanti da Teheran. La circostanza spiegherebbe anche gli strani avvistamenti di 'oggetti volanti' da parte di abitanti di remote regioni dell' Iran, riportati dalla stampa iraniana a dicembre. I precedenti sull'uso dei Predator, che in passato sono sfuggiti al controllo della Cia o del Pentagono e sono precipitati in Iraq o in Afghanistan, aprono la prospettiva di un incidente in Iran che scatenerebbe prevedibili reazioni furiose da parte di Teheran e di altre capitali del Medio Oriente e del Golfo. - I CONFINI E IL MARE: In un briefing al Pentagono, il generale Lance Smith, vicecomandante del Comando centrale (Centcom) delle forze Usa, ha spiegato che in Iraq i militari americani stanno lavorando per intensificare i controlli sul confine con l'Iran e per cercare di diminuire l'influsso che Teheran cerchera' di avere sul nuovo governo iracheno a maggioranza sciita. Il confine iracheno-iraniano potrebbe essere un altro scenario di tensioni, ma ancora piu' rischioso e' quello con l' Afghanistan, se sono vere le rivelazioni fatte nelle settimane scorse dal giornalista investigativo del New Yorker, Seymour Hersh - piu' volte smentite dal Pentagono -, secondo le quali team delle Forze speciali americane hanno cominciato a compiere irruzioni clandestine da ovest in Iran. Le scopo delle missioni, analoghe a quelle compiute prima delle campagne militari contro Afghanistan e Iraq, sarebbe quello di individuare e catalogare possibili bersagli di bombardamenti aerei. Il mare offre un quarto scenario di pericolo, per la continua vicinanza nel Golfo Persico di unita' navali americane e iraniane. - IL CAMMINO DELLA DIPLOMAZIA: Di fronte ai rischi di un deterioramento della situazione dovuto magari a una scintilla indesiderata, si moltiplicano gli inviti alla prudenza all' amministrazione Bush. Kenneth Pollack, lo studioso della Brookings Institution che nel 2002 dettaglio' - in un libro e in una serie di interventi - le ragioni per cui era necessario invadere l'Iraq, propone ora l'opposto per l'Iran. In un saggio al quale la prestigiosa rivista di politica estera Foreign Affairs dedica la copertina dell'ultimo numero, Pollack e Ray Takeyh del Council on Foreign Relations dettagliano la politica che Washington dovrebbe perseguire nei confronti di Teheran: in sostanza, cercare di approfittare sul piano diplomatico delle divisioni tra i 'duri' del governo iraniano e i pragmatici che puntano a risanare l'economia del paese. L'esortazione ad appoggiare gli sforzi diplomatici e in particolare ad affiancare gli europei nella loro mediazione, arriva anche da un esponente di primo piano dei democratici, il senatore Joseph Biden, il leader dell'opposizione nella commissione affari esteri del Senato. ''Non possiamo stare a bordo campo'', sostiene Biden, mentre Gran Bretagna, Francia e Germania portano avanti tutto il lavoro. Ma anche tra i democratici c'e' chi, come il senatore John Rockefeller, il numero uno del partito nella commissione intelligence, non nasconde di ritenere che l'Iran ''e' ed e' sempre stato un problema assai peggiore dell'Iraq'' e che non affrontarlo sarebbe ''un errore enorme''.

Friday, February 11, 2005

Don Corleone torna a Little Italy. Con un joystick...

La voce di un Marlon Brando prossimo alla fine, piu' simile che mai al 'suo' don Vito Corleone, riempie le sale di un ristorante a Little Italy, la' dove tutto era cominciato. Sonny il figlio irruento (James Caan) e il fedele consigliere Tom (Robert Duvall), ascoltano commossi e invecchiati, in silenzio, in mezzo alle telecamere di tv giapponesi. Il Padrino e' tornato a casa, pronto per essere proposto in versione videogame a una nuova generazione. Brando, lo scrittore Mario Puzo e il regista Francis Ford Coppola avrebbero provato lo stesso disorientamento disegnato sui volti di Duvall e Caan, se si fossero immersi nel party che a New York ha tenuto a battesimo la terza reincarnazione del capolavoro su Cosa Nostra. Nato su carta e inchiostro negli anni Sessanta, diventato di celluloide nei Settanta, il Padrino torna nel XXI secolo in formato elettronico, per Pc, Playstation e console varie, destinato a un pubblico che in gran parte non era nato quando Puzo creava la saga dei Corleone. ''Be', almeno adesso i miei nipotini potranno giocare con me anche quando io non ci sono...'', abbozza James Caan, che insieme a Duvall si e' lasciato 'scannerizzare' per diventare un personaggio da videogame e ha dovuto registrare di nuovo ore e ore di dialoghi mafiosi a 33 anni dal primo 'Padrino'. Anche Brando ha dedicato un'intera giornata a registrare nuovo audio per il gioco, che ora diventa paradossalmente una delle ultime testimonianze delle sue doti artistiche. ''Mio nipote di sei anni mi batte sempre a questi giochi'', confessa Caan e Tom Hagen-Robert Duvall non perde l'occasione per punzecchiare il fratellastro Sonny Corleone: ''E' strano che uno sempre competitivo come te perda a qualcosa!''. Difficile comunque pensare che un bambino di sei anni sia il destinatario del videogame, che sara' in vendita il prossimo autunno, in tempo per gli acquisti natalizi. Le scene mostrate in anteprima in una affollata festa nelle sale del ristorante 'Il Cortile', nella storica Little Italy, sono di una violenza che ha poco da invidiare sia al film, sia ai giochi per computer che vanno per la maggiore tra gli adolescenti. ''Il giocatore - spiega David De Martini, il produttore esecutivo di Electronic Arts (EA), che ha creato il gioco - e' un italoamericano nella New York del 1945-55 che ha la possibilita' di entrare nella famiglia Corleone e di scalarne i ranghi. I metodi possono essere quelli che uno ritiene piu' adeguati, dall'intimidazione alla corruzione dei poliziotti e all'uso della violenza. Ma la violenza va dosata, perche' se sei troppo sanguinario non ricevi rispetto dagli altri mafiosi. Il nostro mondo virtuale ha una memoria, devi vivere le conseguenze delle tue scelte giorno dopo giorno, confrontandoti con gli ideali di famiglia, onore, rispetto''. Non e' difficile immaginare che le organizzazioni degli italoamericani storceranno il naso, di fronte a un gioco che presenta una Little Italy ormai svanita. A Mulberry Street per una sera le musiche di Nino Rota e le canzoni di Frank Sinatra hanno ricreato un'atmosfera da nostalgia dei gangster, con i buttafuori vestiti come criminali degli anni Quaranta e le foto dei Corleone disseminate in un ristorante da turisti. La strada e' quella dove il padrino di Puzo si era fatto le ossa da immigrato all'inizio del secolo e dove un padrino vero, John Gotti, ricevava gli uomini d'onore al Ravenite Social Club, poche decine di metri a nord della festa 'mafia-style'. Di quella Little Italy, spazzata via negli anni di Rudolph Giuliani, resta ora una piccola versione turistica racchiusa dentro una gigantesca Chinatown. De Martini, da italoamericano, dice di avere ''sentimenti contrastanti'' di fronte alle accuse degli italiani d'America di favorire gli stereotipi (Robert De Niro, Martin Scorsese e il loro 'Shark Tale' sono stati gli ultimi bersagli delle polemiche). ''Gli stereotipi - spiega - spesso nascono da fatti realmente accaduti. Quello che stiamo facendo e' cercare di restare il piu' fedeli possibile alla storia, senza ricamarci sopra e senza ridicolizzarla. Come italoamericano, non posso essere cieco e dire: 'Tutto questo non e' mai esistito'''. Una delle fasi piu' suggestive della creazione del videogame del Padrino, secondo De Martini, e' stato il lavoro con Brando. ''Ha accettato la sfida - racconta il produttore - e ci ha offerto una performance vera. Quando e' arrivato il momento di registrare, ha allontanato tutti dalla stanza e ha cominciato a leggere la sua parte, chiedendoci come volevamo renderla. Sono sicuro che gli e' piaciuto molto partecipare a questa impresa, ci credeva. Ha capito per esempio che anche chi non e' in grado di recitare fisicamente sul set per ore, ne ha la possibilita' attraverso questa nuova tecnica mediatica''. Una ventina di attori, oltre a quelli del cast originale, hanno partecipato alla realizzazione del gioco. Unica defezione di rilievo, quella di Al Pacino, che ha costretto i creatori a inventarsi un Michael Corleone diverso dall'originale. ''Ci sarebbe piaciuto averlo - dice De Martini - e la porta per lui resta aperta per eventuali nuovi episodi della serie. Credo che quando la gente avra' visto come i personaggi vengono 'rispettati' nel gioco, in molti cambieranno parere''.

Thursday, February 03, 2005

L'America con la febbre da Super Bowl

C'e' solo l'imbarazzo della scelta. Si puo' partire dalla favola di Jeff Thomason, che fino a pochi giorni fa faceva l'operaio in un cantiere e ora sta per giocare nell'evento sportivo piu' importante d'America. O dal quarterback Donovan McNabb, un gigante nero sempre accompagnato dalla mamma, che con lui e le altre 'aquile' fa pubblicita' in tv alle minestrine calde. O da Paul McCartney, chiamato a far dimenticare l'imbarazzo della tetta di Janet Jackson dello scorso anno. Il Super Bowl e' come sempre uno specchio dei mille volti dell'America e l'edizione XXXIX non tradisce la regola. Nell'afa di Jacksonville, in Florida, New England Patriots e Filadelfia Eagles stanno completando gli allenamenti in vista della finalissima del football che domenica vedra' il paese fermarsi e l'audience televisiva schizzare verso cifre da record. Sport, spettacolo e affari si intrecciano al solito nel grande show americano, con la febbre da palla ovale che cresce con l'avvicinarsi del fine settimana. - BILL 'IL GENIO' CONTRO ANDY 'IL PLEBEO': La scontro quest' anno e' tutto sulla East Coast, con due squadre della costa orientale (Boston e Filadelfia) che si confrontano in una citta' affacciata sull' Atlantico. Ma le filosofie di gioco e di vita dietro la contesa, incarnate dai due allenatori, sono lontane come la California dal New England. Da una parte il patrizio Bill Belichick, cresciuto all'ombra di un padre coach della Marina militare nelle piu' prestigiose accademie della East Coast: sulla panchina dei Patriots potrebbe agguantare la terza vittoria consecutiva in un Super Bowl, stabilendo un record senza precedenti e consacrando la fama di 'Genio'. Dall'altra il plebeo Andy Reid, che ha raggiunto la vetta partendo dal fondo nei college di basso profilo della West Coast fino a raggiungere il Super Bowl con i suoi Eagles. - LA FAVOLA DI THOMASON: Poteva accadere solo in America. A 35 anni, Jeff Thomason aveva ormai appeso da due anni al chiodo il casco protettivo dopo essersi ritirato dalla Nfl e dal football professionale. Sposato, padre di tre figli, Thomason non si e' arricchito con la palla ovale. Fino a pochi giorni fa lavorava in cantieri edili nel New Jersey, mantenendosi in forma nel tempo libero con le arti marziali e il triathlon. Poi gli e' arrivata la telefonata che cambia una vita. Gli Eagles, in seguito a un infortunio, avevano bisogno di un rimpiazzo. E cosi' Jeff, senza aver giocato una sola partita ne' partecipato ai ritiri in tutta la stagione, domenica sara' in campo a Jacksonville. I media lo hanno trasformato nella star del momento, al punto di offuscare primedonne come Corey Dillon e il kicker Adam Vinatieri dei Patriots o Terrell Owens delle 'aquile' di Filadelfia. ''E' surreale - ha detto Thomason - ho seguito tutto l'anno le partite in tv, ero contento per i ragazzi, ma non avrei mai immaginato di tornare in campo''. - PAUL PER DIMENTICARE JANET: Un 'sir' britannico per cercare di dimenticare un costoso imbarazzo. Paul McCartney dominera' il tradizionale show di meta' partita, dopo che lo scorso anno Janet Jackson provoco' uno scandalo scoprendo - a suo dire involontariamente - il seno di fronte a milioni di telespettatori. La Fox, che trasmette quest'anno l'evento, vuole evitare i problemi e la multa da mezzo milione di dollari che la vicenda provoco' lo scorso anno ai rivali della Cbs. - JACKSONVILLE, MOMENTI DI GLORIA: Per uno show abituato ad andare in scena su palcoscenici di citta' come Miami, San Diego o New Orleans, la scelta della piccola Jacksonville in Florida e' stata una scommessa rischiosa per la Nfl. La citta' si e' preparata al meglio ad accogliere i 100 mila tifosi e le tv di tutto il mondo, dando una spolverata al proprio aspetto sonnacchioso di localita' balneare al confine con la Georgia. Gli atleti di Eagles e Patriots da giorni si sono immersi nella realta' locali, mostrandosi spesso stupiti o a disagio in un luogo con una chiesa ogni poche centinaia di metri, in una comunita' dove la gente gira con le auto addobbate da nastri gialli di sostegno alle truppe in Iraq e adesivi contro i matrimoni gay.

Wednesday, February 02, 2005

Staminali, da Boston nuovi traguardi su cellule adulte

Ricercatori di Boston hanno isolato un tipo di cellula del midollo osseo umano che sembra avere potenzialità mediche e capacità analoghe a quelle delle cellule embrionali staminali. Lo studio, condotto alla Tufts University, è stato accolto con interesse nella comunità scientifica americana, anche se vari ricercatori hanno sottolineato che è ancora troppo presto per considerarla un' alternativa valida alla controversa ricerca sulle staminali embrionali. Utilizzando apparecchiature speciali per la scelta di cellule, i ricercatori ne hanno selezionate alcune provenienti dal midollo osseo di tre diversi donatori. I test condotti a Boston hanno poi dimostrato la capacità di queste cellule di trasformarsi in molti, se non tutti, i tipi di cellule del corpo umano, come avviene con le staminali embrionali. I ricercatori della Tufts, che hanno pubblicato i risultati sul Journal of Clinical Investigation, hanno iniettato le cellule del midollo su topi che erano stati colpiti da attacchi cardiaci. Le cellule si sono trasformate in nuovi vasi sanguigni e in un nuovo muscolo cardiaco, dando ai topi trattati in questo modo il doppio di irrorazione sanguigna al cuore rispetto a quanti è accaduto in un altro gruppo di ratti da laboratorio utilizzati come controllo. Anche le cicatrizzazioni sono risultate assai inferiori. Altri esperimenti in laboratorio a Boston hanno mostrato - riferisce il Washington Post - che le cellule del midollo possono trasformarsi anche in cellule nervose. "Penso che le cellule staminali embrionali siano destinate a svanire nello specchietto retrovisore, rispetto alle cellule staminali adulte", ha detto Douglas Losordo, il cardiologo della Tufts University che ha condotto la ricerca. "E' come un kit per le riparazioni: la natura ci ha fornito gli accessori per riparare un organo danneggiato", ha aggiunto. James Battey, il capo del programma sulle cellule staminali al National Institutes of Health, ha definito la ricerca "un ottimo lavoro", ma ha avvertito che è troppo presto per pensare di abbandonare la ricerca sulle cellule staminali embrionali.