SPIRIT OF AMERICA

America is a land of wonders, in which everything is in constant motion and every change seems an improvement ----------------------- ALEXIS DE TOCQUEVILLE

Monday, March 28, 2005

Arrivano i vigilantes, frontiera rovente in Arizona

Arriveranno in moto, a cavallo o con l'aereo privato, armati di tende, camper, visori notturni e sicuramente molti fucili. L'America della giustizia fai-da-te e' pronta a schierare per tutto il mese d'aprile un esercito di vigilantes lungo il confine con il Messico in Arizona, per dedicarsi a un'attivita' che a loro avviso l' amministrazione Bush sta trascurando: bloccare l'invasione dei clandestini messicani. Si chiama 'Progetto Minuteman', ispirandosi al nome delle milizie popolari della Rivoluzione americana, ed e' una grossa rogna per la Casa Bianca, perche' rischia di rendere assai tesi i rapporti - gia' oggi non facili - con il governo messicano. Per iniziativa di Chris Smicox, un piccolo editore dell'Arizona che gira armato e predica la guerra totale all'immigrazione illegale, tra i mille e i duemila volontari sono attesi a partire da venerdi' sul tratto piu' rovente del confine Usa-Messico: una striscia di deserto di 100 km attraverso la quale passa gran parte del flusso inarrestabile dei messicani in cerca di un futuro a stelle e strisce. I volontari hanno deciso di schierarsi uno ogni 400 metri a far la guardia alla porta d' America, con conseguenze difficili da prevedere. I promotori dell'iniziativa promettono che sara' una vigilanza pacifica e che i volontari si limiteranno ad avvertire le autorita' ogni volta che saranno avvistati clandestini. Ma organizzazioni razziste come la Nazione Ariana stanno dando largo spazio sui loro siti web all'esperimento dell'Arizona e non e' escluso che qualche testa calda si infiltri tra i pensionati che si preparano ad accamparsi per un mese nel deserto. Sull'altro fronte, violenze esplicite sono gia' state promesse da parte della piu' pericolosa gang degli Usa, una organizzazione nota come 'Mara Salvatrucha' o MS-13, che riunisce criminali salvadoregni e altri immigrati del centro America e che da tempo rappresenta un incubo per l'Fbi. I leader della gang in California e Texas hanno lanciato un passaparola tra i seguaci, invitandoli ad andare a ''dare una lezione'' ai vigilantes nel deserto. ''Questa storia ha tutti gli ingrendienti per una tragedia'', ha detto Michael Nicley, il capo locale dell'U.S. Border Patrol, l'agenzia federale che ha il compito di controllare la frontiera. Il portavoce dell'agenzia, Jeff Benadum, ha pero' sottolineato che gli uomini del Progetto Minuteman hanno tutto il diritto di fare quello che vogliono: ''Non abbiamo alcun motivo - ha spiegato - per ritenere che cio' che faranno non sia nel rispetto della legge. Se non interferiscono con il nostro lavoro, hanno il diritto costituzionale di stare nel deserto''. Le organizzazioni che si occupano di accogliere gli immigrati sono assai piu' preoccupate: ''Sono persone che non vivono qui - spiega Jennifer Allen, di Border Action Network - che arriveranno a creare una situazione in cui si soffia sulla fiamma del razzismo e si incita la gente alla xenofobia''. Niente di piu' lontano dal vero, sostiene invece Simcox dal suo ufficio a Tombstone, vicino al confine messicano, che in questi giorni lavora a ritmo frenetico per organizzare il reclutamento dei volontari attraverso il suo sito Internet, www.minutemanproject.com. Tutto avverra' in modo pacifico, sostiene Simcox, ''ma qualcuno deve fare qualcosa per segnalare questa situazione, continuano ad arrivare in modo inarrestabile''. Da quando la California ha rafforzato le proprie misure di sicurezza al confine, l'Arizona e' diventata la nuova frontiera rovente. Nel 2004, la polizia di confine ha arrestato in Arizona mezzo milione di clandestini, il 41% in piu' rispetto all'anno precedente. Nello stato, che ha 5 milioni di abitanti, ci sono adesso, secondo le stime,500 mila messicani illegali, una fetta consistente del totale dei clandestini provenienti dal Messico che vivrebbero in tutti gli Usa, ritenuti circa 6 milioni. Per l'amministrazione e' un tema delicato. Il presidente messicano Vicente Fox nei giorni scorsi, in un vertice con George W.Bush, ha espresso la preoccupazione per l'arrivo di vigilanti lungo il confine e Bush ha promesso che saranno tenuti sotto controllo. Ma da piu' parti alla Casa Bianca viene rinfacciato di non aver trovato una soluzione a un'invasione che potrebbe offrire tra l'altro un'opportunita' per entrare negli Usa anche ai terroristi. E c'e' chi chiede a Bush di non attendere ''un nuovo 11 settembre'' provocato dal confine permeabile, per agire in modo deciso. Qualcosa potrebbe cambiare proprio nei giorni in cui prende il via il Progetto Minuteman. Secondo il settimanale Time, l' amministrazione Bush si appresta in settimana ad annunciare un significativo incremento nel numero e nelle dotazioni tecnologiche delle forze schierate lungo il confine con il Messico.

Thursday, March 24, 2005

Terri e le nuove alleanze tra cattolici e protestanti Usa

Prove di nuovo dialogo intorno al letto dove muore Terri Schiavo, dopo secoli di odio e sospetti. Il caso della Florida che scuote le coscienze in America e' diventato l'ultimo terreno di confronto, e in molti casi di alleanza, tra il mondo cattolico e quello protestante a stelle e strisce. Una miscela che gia' aveva fatto vedere i suoi effetti in occasione delle ultime elezioni per la Casa Bianca e che emerge con sempre piu' rilevanza nelle vicende pubbliche americane. L'aspetto piu' vistoso e rumoroso del coinvolgimento delle chiese di ogni denominazione nella vicenda della Schiavo, e' rappresentato dai manifestanti che gridano fuori dall'ospedale di Pinellas Park dove la donna si sta lentamente spegnendo e da quelli che si fanno arrestare nel tentativo, simbolico, di portarle da bere. Ma dietro i cartelli e gli slogan si muovono i protagonisti di una stagione di nuovo dialogo negli ambienti conservatori del cristianesimo, che riescono non di rado a far sentire la loro voce fin dentro lo Studio Ovale. Il punto di contatto tra i due mondi, secondo molti esperti che dibattono sul caso Schiavo sulle pagine dei quotidiani americani, e' rappresentato dall'agenda di 'cultura della vita' delineata in questi anni da papa Giovanni Paolo II nel suo magistero. Le encicliche del Santo Padre e le indicazioni del Vaticano in tema di astinenza sessuale, aborto, ricerca sulle cellule staminali embrionale, eutanasia e vari altri aspetti di bioetica, vengono lette con grande attenzione dagli intellettuali evangelici. E' sulla base dei loro contenuti che da parte del mondo protestante viene cercato sempre piu' spesso un dialogo con studiosi cattolici americani come Robert George, della Princeton University o padre Richard Neuhaus, direttore della rivista 'First Thing', un ex pastore luterano che viene ritenuto molto ascoltato dal presidente George W.Bush. I manifestanti nelle strade sono l'ultimo anello di movimenti che, ai loro vertici, ricevono consulenza teologica e legale nello stesso tempo da noti esponenti cattolici come padre Frank Pavone, che guida il gruppo 'Preti per la vita' e da protestanti come Randall Terry, il fondatore degli attivisti antiaborto di Operation Rescue o padre Pat Mahoney, del National Clergy Council. Nei gruppi religiosi conservatori che influenzano con la loro attivita' di lobby la vita politica di Wasghington, gli esponenti cattolici sono sempre piu' numerosi a fianco dei protestanti. ''L'idea di costruire una cultura che dia valore alla vita umana e' un'articolazione cattolica - ha detto al New York Times il direttore del Centro per la vita e la bioetica di Washington, William Saunders - ma trova echi nei cuori di molte persone, evangelici o di altre fedi. Giovanni Paolo II e' un eroe del mondo 'pro-life' americano, a prescindere dalla chiesa cui uno appartiene''. Nel mondo cattolico non mancano le voci che giudicano in modo critico il legame con la destra religiosa protestante americana e che vedono lo stesso Vaticano in balia di una gerarchia di ''radicali del diritto alla vita''. E' il caso del gesuita John Paris, docente di bioetica al Boston College, secondo il quale la tradizione morale della Chiesa negli ultimi 400 anni indica che in casi come quello di Terri si puo' lasciar morire il paziente. ''Non c'e' un obbligo morale'' di tenere in vita persone nelle condizioni della donna da 15 anni in stato vegetativo, ha detto Paris a Newsweek, perche' entrano in gioco quelle che sono ritenute ''misure sproporzionatamente gravose'' per le quali, a suo avviso, la Chiesa prevederebbe la possibilita' di favorire l'arrivo della morte. Ma il fastidio di padre Paris per la crescita del potere del mondo cristiano conservatore e' un'espressione di minoranza, nell'America di Bush. A dominare sono invece le alleanze sempre piu' strette tra cattolici ed evangelici anche sul piano politico, che lo scorso anno hanno portato alla bocciatura da parte della destra cristiana del senatore John Kerry, il primo cattolico che puntava a diventare presidente dai tempi di John F.Kennedy. Lo scenario e' profondamente mutato dall'epoca di Kennedy, che per vincere nel 1960 fu costretto a convincere i protestanti che non si sarebbe sottomesso ai voleri del Papa. Il punto di svolta, secondo gli osservatori, e' stato 11 anni fa una dichiarazione congiunta messa a punto da leader cattolici ed evangelici, che era il frutto di una serie di incontri che rompevano un gelo secolare. La dichiarazione era soprattutto teologica, ma i suoi effetti si sono fatti ben presto sentire sul piano della vita pubblica, in particolare sui temi della 'cultura della vita'. Su un solo punto decisivo l'accordo sembra ancora lontano: quello della pena di morte, contro la quale la Conferenza episcopale americana ha appena lanciato una nuova campagna e che i protestanti non sembrano invece ancora voler mettere in discussione. Ma qualche segnale di cambiamento arriva anche sul fronte della pena capitale, se e' vero che il senatore Rick Santorum, un repubblicano cattolico integralista della Pennsylvania che sembra avere mire presidenziali, sta ripensando il suo appoggio alle esecuzioni. Una mossa che tiene conto senza dubbio di sondaggi che fotografano umori che mutano nell' elettorato cristiano, cattolico o protestante che sia.

Tuesday, March 22, 2005

Jeff, il pellerossa 'ariano' e la strage nel liceo

Sparava e rideva, gesticolava e faceva domande su Dio, mentre i compagni di classe di cui non riusciva a essere amico lo pregavano: ''No Jeff, fermati, che stai facendo?''. Ma Jeff Weise, 16 anni trascorsi a formulare bizzarre teorie sui pellerosse 'ariani' e a sopravvivere a tragedie familiari, non si e' fermato. Sono stati necessari nove cadaveri e una dozzina di feriti, prima che il giovane indiano mettesse fine alla propria follia con un colpo alla testa. Sei anni dopo la tragedia del liceo Columbine in Colorado, l'America piomba di nuovo nell'incubo di un massacro scolastico, oggi come allora in una localita' remota e lontana dalle grandi citta'. A piangere i propri ragazzi morti e' stavolta la tribu' degli indiani Chippewa (chiamata anche Ojibwe) che vive in una riserva in mezzo al niente sul Red Lake, un lago nel nord del Minnesota, a due passi dal confine con il Canada. Anche oggi, come nel 1999 a Columbine, la solitudine giovanile si mischia a confuse idee neonaziste negli appunti presi sui loro taccuini dagli agenti dell'Fbi, arrivati nella riserva per cercare di capire cosa abbia fatto esplodere tanta rabbia. Come Eric Harris e Dylan Klebold, i sedicenti membri della 'Trench Coat Mafia' che a Columbine uccisero 13 persone dopo essersi imbottiti di idee naziste, cosi' anche in Minnesota la figura di Jeff Weise emerge dalle prime indagini come quella di un ammiratore fanatico di Hitler, che teorizzava idee di una purezza ariana tra i 'native americans', gli indiani americani. - UN BLITZ NEL LICEO: La giornata di studio stava finendo alla Red Lake High School, lunedi' pomeriggio, quando Weise si e' presentato armato al metal detector installato all'ingresso dell'edificio - come in gran parte di scuole superiori d'America - dopo Columbine. Il ragazzo si era gia' lasciato alle spalle due cadaveri, quello del nonno, Daryl Lussier, 58 anni, un sergente della polizia della tribu' e della sua compagna. Jeff li ha uccisi per impadronirsi di una pistola calibro .22 e un giubbotto antiproiettile (non e' chiaro se avesse anche altre armi), con cui e' comparso di fronte a Derrick Brun, 28 anni, la guardia della scuola, sotto gli occhi di una telecamera della sicurezza che riprendeva la scena. Brun e' stato freddato mentre Jeff passava attraverso il metal detector, incurante di far suonare la sirena d'allarme. Un custode ha avvertito gli altri studenti del pericolo e i ragazzi si sono chiusi nelle classi. Uno di loro, Justin Jourdain, ha raccontato di aver creato con il preside Stuart Desjarlait e altri studenti una barricata per bloccare la porta di una classe. ''Ha sparato e preso a calci la porta, ma non e' riuscito a entrare ed e' andato altrove'', ha detto Jourdain. In altre classi, gli studenti non sono stati altrettanti fortunati. - 'NO, JEFF, FERMATI!': Sondra Hegstrom, 17 anni, madre di un bambino di cinque mesi, conosceva bene Jeff: ''Era un ragazzo tranquillo, parlava poco'', ha raccontato. Il killer a quanto pare e' rimasto in gran parte in silenzio anche durante la carneficina. ''Ho sentito una ragazza - ha detto Sondra - che lo implorava: 'No, Jeff, fermati, che stai facendo?'. Poi sono arrivati altri spari''. Reggie Graves, 14 anni, stava guardando con alcuni compagni un film su Shakespeare in classe, quando e' cominciata la sparatoria. In una classe a fianco della sua, ha raccontato Reggie, il giovane assassino ha affrontato un suo amico, Ryan: ''Gli ha chiesto se credeva in Dio, poi gli ha sparato''. L'ultimo sparo, quando ormai l'intera scuola era un caos di urla e di lamenti dei feriti e la polizia era in arrivo, Jeff Weise lo ha riservato per se stesso. - L'ANGELO DELLA MORTE: Per la povera tribu' dei Chippewa, insieme alle lacrime per i morti e' cominciato subito il rituale degli interrogativi sull'accaduto. ''La nostra comunita' e' devastata, e' il giorno piu' nero nella storia del nostro popolo'', ha detto Floyd Jourdain, il capo tribu' al quale fanno riferimento i 4.700 residenti della riserva. La ricerca delle risposte e' partita dalla realta' in cui e' cresciuto Jeff, una riserva tagliata fuori dai grandi centri abitati e che non e' riuscita neppure a sfruttare i tre casino' creati per cercare di attivare un giro d'affari. L'assenza di prospettive, nella vita di Jeff, andava ad unirsi a una serie di tragedie familiari: il padre era morto suicida, la madre e' ricoverata in un istituto per malati di mente. Nella solitudine della sua camera a casa del nonno, il ragazzo sembra aver sviluppato una propria mitologia neonazi. Sui forum Internet dove si incontrano gli ammiratori di Hitler, Jeff si faceva chiamare 'NativeNazi' o 'Todesengel', cioe' l'angelo della morte in tedesco. ''Ho sempre avuto un'ammirazione naturale per Hitler, i suoi ideali e il suo coraggio di affrontare nazioni piu' grandi'', ha scritto tempo Jeff sul forum, secondo quanto afferma la stampa locale. Il ragazzo ce l'aveva con gli insegnanti che gli proponevano una cultura multirazziale. ''Non dicono mai - scriveva - che la purezza razziale e' sbagliata, ma quando provi a dirlo ti zittiscono. Gli unici che si oppongono alle mie idee sono gli insegnanti e una larga parte degli studenti, che pensano che un nazi sia un Klansman (un seguace del Ku Klux Klan, ndr) o una qualche feccia della Supremazia Bianca''. Jeff, secondo i racconti degli amici, voleva creare un gruppo di seguaci della purezza ariana-indiana e ''parlava tutto il tempo di morte''. Gli altri studenti lo consideravano solo uno un po' strambo. Fino a quando non e' arrivato a scuola in assetto da guerriglia.

Sunday, March 20, 2005

Sondaggio pasquale, per 78% americani Resurrezione e' verita' storica

Il 78% degli americani crede nella Resurrezione di Gesu' Cristo e una percentuale pressoche' identica, il 76%, e' convinta che il protagonista dei Vangeli fosse effettivamente il figlio di Dio. Sono alcuni dei risultati di un sondaggio svolto dal settimanale Newsweek, che dedica la copertina della settimana di Pasqua al Cristianesimo. 'Come Gesu' e' diventato Cristo - Dalla Resurrezione all' ascesa del Cristianesimo' e' il tema del servizio principale del settimanale americano, che si addentra in un'analisi del motivi del successo della religione cristiana nei secoli. Il sondaggio svolto su un campione di americani ha riscontrato che l'81% degli intervistati si professa cristiano. Per il 40% del campione, quella di Cristo e' stata un resurrezione fisica dai morti, mentre per un 32% si e' trattato di resurrezione spirituale. L'89% delle persone interpellate negli Usa crede che Gesu' Cristo sia effettivamente esistito come personaggio storico e per il 72% il Gesu' che camminava sulla Terra era consapevole di essere il figlio di Dio e sapeva di essere destinato a morire e risorgere dai morti. Gli americani risultano piu' divisi sull'interpretazione della Bibbia: per il 44%, ogni parola e' da ritenere accurata mentre un altro 45% non crede alla verita' letterale di ogni singolo passaggio biblico. Solo il 4% degli americani e' d'accordo con le teorie di chi sostiene che il vero fondatore del Cristianesimo sia stato non Gesu', ma san Paolo, che per primo diffuse la fede. Per il 29%, san Paolo e' stato un co-fondatore, mentre il 46% ritiene che non sia ne' il reale fondatore, ne' il fondatore della religione, che risale invece direttamente a Gesu' Cristo.

Friday, March 04, 2005

Gunner Palace, la guerra sporca dei soldati rapper

Le improvvisazioni rap dei ragazzi neri del Bronx spediti a combattere a Baghdad, si intrecciano sul maxischermo con il sottofondo wagneriano della 'Cavalcata delle Valchirie', omaggio cinematografico ad 'Apocalypse Now'. Trent'anni dopo, cambia la musica, ma non l'orrore della guerra in un documentario appena uscito negli Usa, che racconta la vita dei soldati americani in Iraq con lo sguardo rivolto indietro, al Vietnam e alle sue ferite ancora aperte. 'Gunner Palace', la storia vera delle giornate di un'unita' dell'Esercito Usa in uno degli ex palazzi del potere di Baghdad, e' un'altra grana per il Pentagono, in un momento in cui le cifre del reclutamento di nuovi soldati sono in rosso. Il regista americano Michael Tucker e sua moglie, la tedesca Petra Epperlein, hanno trascorso due lunghi periodi nella capitale irachena insieme ai ragazzi della 2/3 Field Artillery, raccontando la loro vita quotidiana nel palazzo che un tempo era la reggia del sanguinario Uday Hussein, uno dei figli di Saddam. Armati di una comune videocamera digitale, i coniugi hanno conquistato la fiducia dei soldati al punto da poterli ritrarre senza filtri, con le loro angosce, parolacce e atteggiamenti bizzarri, impauriti mentre pattugliano le strade di Baghdad o scatenati nella piscina di Uday nelle lunghe ore di inattivita'. Ne e' emerso un ritratto schizofrenico della guerra, tra orrori, divertimento e tanta musica, con il rap a prendere il posto che fu del rock nel Vietnam degli anni '60 e '70. Frasi improntate all'ottimismo del capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, fanno da continuo intervallo alle scene della guerra 'vera' a Baghdad, grazie al montaggio degli autori. In uscita nel fine settimana, Gunner Palace - il 'gunner' e' l'artigliere dell'Esercito americano - e' l'opposto di un filmato promozionale per indurre i giovani americani a scegliere di indossare la divisa. E questo non puo' che preoccupare il Pentagono, dove ieri i responsabili del reclutamento dell'U.S.Army hanno annunciato di non essere riusciti a raggiungere la quota di nuovi soldati prevista per il mese di febbraio. I Marines a loro volta hanno mancato i loro traguardi nel reclutamento nei mesi di gennaio e febbraio. Con il conto dei militari americani morti che ha superato quota 1.500, il Pentagono secondo il Wall Street Journal si trova a fare i conti non solo con le difficolta' nel convincere i giovani a entrare nell'Esercito, ma anche con carenze di militari esperti necessari per addestrare le reclute per le nuove forze armate irachene. Il ministero della Difesa americano starebbe valutando la possibilita' di attingere alle scuole per ufficiali di meta' carriera dell'Esercito e dei Marines o di distogliere uomini delle Forze speciali dalla caccia ad Al Qaida e a quel che resta dei taleban. Il documentario di Tucker va a inserirsi nello scenario delle inquietudini americane, portando sul grande schermo ragazzi in divisa che sembrano nati per fare gli attori (e' il frutto della generazione di Internet e Mtv, sostengono i critici). Come Richmond Shaw, un nero mostrato mentre improvvisa un rap trascinante e cerca di insegnare ai giovani iracheni la musica di maggior successo del momento negli Usa. ''Per tutti voi questo e' uno show/ma noi viviamo in questo film'', e' uno dei brani dell'aspirante rapper. Tucker prende in prestito la musica di Wagner dal film di Francis Ford Coppola per unire la guerra in Iraq a un'altra guerra dove a combattere non c'erano pero' volontari (la leva obbligatoria e' stata cancellata negli Usa nel 1973) e mostra i volti terrorizzati degli iracheni sottoposti a perquisizioni, che al pubblico americano ricordano gli abitanti dei villaggi vietnamiti di tanti anni fa. Quella in Iraq e' la prima guerra dopo il Vietnam in cui le forze armate americane composte di soli volontari vengono messe alla prova in un conflitto di lunga durata e il mondo del cinema comincia a registrarne gli effetti. Per i veterani del Vietnam, ci sono vari spunti che inducono alla preoccupazione: non e' un caso che il piu' celebre tra loro, il senatore democratico John Kerry, abbia organizzato una proiezione privata di Gunner Palace per gli altri membri del Senato.