Primo Levi a Broadway scuote coscienza America
Richard Cohen e' stato prudente, sapendo di entrare in un terreno minato, ma dopo aver visto a Broadway 'Primo' ha deciso di lanciare la provocazione nella sua rubrica sul Washington Post: il monologo teatrale ispirato a 'Se questo e' un uomo' deve far interrogare l'America su Abu Ghraib, Guantanamo e i rischi della tortura.
La presa di posizione di uno dei piu' noti 'columnist' degli Stati Uniti e' solo l'ultimo segnale delle riflessioni profonde e del successo che stanno accompagnando lo sbarco a New York del lavoro teatrale su Primo Levi realizzato dal National Theatre britannico. Aperto all'inizio di luglio al Music Box Theatre di Broadway, 'Primo' doveva restare in cartellone un solo mese, ma gli organizzatori hanno gia' annunciato una prima proroga, fino a meta' a agosto, reagendo al successo di pubblico e di critica. E non e' escluso che le repliche possano essere prolungate ancora durante l'estate.
Le recensioni sono state in buona parte trionfali per Anthony Sher e la sua messa in scena del monologo dedicato alla tragica esperienza di Levi nel campo di concentramento di Auschwitz. ''Sei decenni dopo - ha scritto Ivan Kyncl su UsaToday - 'Primo' rendera' di nuovo attuale quella vergogna per chiunque avra' la fortuna di andare a vederlo''. ''La platea viene ricondotta di nuovo nel dramma della Storia'', ha affermato John Lahr sul New Yorker. Per Ben Brantley, il critico del New York Times, ''uno straordinario Sher ha creato un ritratto nel quale la memoria brutale penetra fino al midollo dell'esistenza di un uomo''.
Cohen, che dalla fine degli anni Sessanta e' una delle penne storiche del Washington Post, e' andato un passo oltre, catapultando il messaggio di Levi nell'attualita'. 'Primo Levi su Guantanamo' e' il titolo della sua rubrica odierna sul quotidiano della capitale e l'inizio dell'articolo testimonia la difficolta' del tema che Cohen propone nella capitale della guerra al terrorismo: ''Devo essere estremamente cauto, per dire con precisione quello che penso e non lasciar niente al caso''.
La riflessione del commentatore del Post e' che l'orrore dell'Olocausto deve essere fonte d'ispirazione per chi pensa che la tortura, sia pur episodica e non su larga scala come quella hitleriana, possa essere giustificata dalle esigenze d'intelligence di un'epoca d'emergenza. Guantanamo non e' Auschwitz, avverte Cohen e l'Olocausto non puo' essere letto fuori dal suo contesto storico. Ma cio' che l'esperienza di Primo Levi puo' insegnare oggi, sottolinea l'editorialista, e' l'impatto che la tortura puo' avere sull' identita' di una persona. Lo spettacolo di Broadway ''non riguarda il genocidio e l'annientamento di molti, ma la vergogna e l'annientamento dell'io''.
''Non sto assolutamente paragonando noi stessi ai nazisti (o ai comunisti) - afferma Cohen, che e' ebreo - e non sto paragonando la diversa vittimizzazione. Non permetterei mai la sottovalutazione dell'Olocausto. Ma se Primo Levi ha il valore che io credo abbia, allora deve essere quello di far si' che l'orrore del suo tempo dica qualcosa al nostro tempo. In 'Primo' - e nel corpo e la voce di Anthony Sher - e' quello che fa''.