Florida, memorie del caos del 2000
Sono quasi le 3 della notte tra il 7 e l'8 novembre 2000 e uno scoraggiato Al Gore sale sulla limousine che a Nashville, in Tennessee, deve portarlo nella piazza del War Memorial, ad annunciare a migliaia di sostenitori inzuppati dalla pioggia che il sogno e' finito. Ha appena telefonato a George W. Bush per congratularsi per la sua vittoria ed e' pronto a dichiarare pubblicamente la resa. Ma una telefonata di uno dei suoi strateghi, Michael Whouley, lo ferma: qualcosa non va in Florida, il conto non e' chiaro come sembra.
Cominciava cosi', con una notte da thriller, la battaglia della Florida che quattro anni fa tenne l'America e il mondo con il fiato sospeso per 36 giorni, in attesa di sapere chi sarebbe finito alla Casa Bianca. A pochi giorni da un nuovo voto, lo stato di Disneyworld e degli alligatori e' ancora al centro dell'attenzione, per i timori di un bis. Molti dei protagonisti di allora sono pronti a scendere in campo per un'altra battaglia legale e alcuni sono gia' al lavoro: e' il caso di Whouley, l' uomo che fermando Gore mise in stand-by per oltre un mese la storia americana, che ora sta cercando di far vincere l'Ohio e la Florida a John Kerry.
Quella vissuta in Florida, soprattutto nell'epicentro della contea di Palm Beach, fu una crisi elettorale quale l'America non aveva mai vissuto in oltre due secoli di democrazia. La confusione sulle modalita' di voto aveva reso incerta l'assegnazione dei 27 'grandi elettori' dello stato e tutto era affidato all'interpretazione delle intenzioni di voto dei pensionati di West Palm Beach. Alla fine tocco' alla Corte Suprema intervenire, ratificando la vittoria di Bush per soli 537 voti sui sei milioni di votanti della Florida.
Stavolta nello stato si e' cominciato a votare in anticipo, dal 18 ottobre, e in gran parte delle contee si usera il voto elettronico invece delle schede da perforare che avevano creato il caos. Ma in caso di testa a testa, c'e' il rischio che la Florida debba sperimentare un nuovo riconteggio.
LA NOTTE DEL CAOS: Il timore di entrambi gli schieramenti e' che la notte tra il 2 e il 3 novembre prossimi assomigli a quella tra il 7 e l'8 novembre 2000. Alle 2:16 della notte del voto del 2000, la rete tv FoxNews proclamo' la vittoria di Bush in Florida. A fare l'annuncio fu un giovane analista, John Ellis, che casualmente era il cugino del futuro presidente. Nel giro di quattro minuti gli altri network seguirono a ruota. Gore, convinto di aver perso, chiamo' Bush al telefono.
In Florida pero' il capo della campagna democratica, Nick Baldick, noto' qualcosa di strano. Via via che arrivavano i risultati degli spogli, il margine di vantaggio di Bush si restringeva. Risultavano ancora 360 mila voti da esaminare e nel giro di pochi minuti il distacco si era ridotto a 2.000 voti, poi a soli 600, con contee come quella di Volusia dove per un problema al computer risultava un risultato in negativo per Gore, -16.000 voti. Baldick chiamo' Whouley e il collaboratore dello sfidante di Bush, dopo un esame dei dati, blocco' Gore pochi istanti prima della resa definitiva.
L'ex vice di Bill Clinton, dopo frenetiche consultazioni, telefono' di nuovo a Bush: ''Le circostanze sono drammaticamente cambiate...''. Cominciava la battaglia.
LA CARICA DEGLI AVVOCATI: Voli charter pieni di avvocati furono spediti in gran fretta in Florida, dove tre contee - Palm Beach, Broward e Miami-Dade - erano nel caos. A West Palm Beach, una roccaforte di pensionati ebrei, una scheda elettorale 'a farfalla' aveva tratto in inganno migliaia di anziani, che invece di votare per Gore e il suo vice, l'ebreo Joe Lieberman, avevano assegnato 3.407 voti al conservatore Pat Buchanan, un candidato noto per aver deriso l' Olocausto.
Per giorni fu battaglia sul riconteggio dei voti, sulla validita' dei coriandoli di carta parzialmente punzonati sulle schede dagli elettori, sulle regole di voto gestite dal segretario di stato Katherine Harris, una fedelissima di Bush.
'BUSH CONTRO GORE': Due avvocati di grido, Theodore Olsen per Bush e David Boies per Gore, si misero alla guida degli staff legali. A coordinare il loro lavoro furono due ex capi della diplomazia americana: Gore mise in campo l'ex segretario di Stato Warren Christopher, rivelatosi incerto e troppo accomodante; Bush si affido' a un altro ex segretario di Stato, James Baker, e la sua tattica aggressiva ebbe la meglio.
Con la Florida ufficialmente assegnata dalla Harris a Bush e con il caos che si stava diffondendo in tutto lo stato, a suon di conteggi e cause legali, i repubblicani decisero di tentare di chiudere la partita investendo della decisione la Corte Suprema degli Usa.
Il voto di 5-4 tra i nove giudici supremi che chiuse il caso 'Bush contro Gore' e decise l'assegnazione della Casa Bianca, e' stato da allora al centro di inchieste, teorie cospirative, rivelazioni. Secondo una delle ultime ricostruzioni, la sorte della presidenza alla fine si sarebbe decisa nell'ufficio del giudice Anthony Kennedy, uno dei membri oscillanti della Corte, le cui scelte sarebbero state prese in seguito alla forti pressioni e alle tesi del suo staff di assistenti, un gruppetto di conservatori provenienti dalla Federalist Society, un centro di addestramento legale saldamente nelle mani della destra.
I repubblicani pero' ribattono che il riconteggio in Florida era arrivato ai limiti delle proprie possibilita' e sottolineano come la decisione della Corte suprema sia stata, in realta', un grande esempio della capacita' della democrazia americana di trovare una via d'uscita da una crisi senza precedenti. (ANSA).
0 Comments:
Post a Comment
Note: Only a member of this blog may post a comment.
<< Home