Vinile da museo, l'hip-hop entra allo Smithsonian
I Dj neri del Bronx che negli
anni '70 cominciarono a 'graffiare' dischi di vinile, inventando
un nuovo genere, non potevano certo immaginare che i loro
giradischi e perfino cappelli e magliette che indossavano
all'epoca, sarebbero diventati pezzi da museo.
Dopo oltre tre decenni di vita, l'hip-hop entra nel salotto
buono della cultura americana, lo Smithsonian, andando a
prendere posto al fianco di cimeli come la bandiera che ispiro'
'Star-Spangled Banner' (l'inno nazionale americano) o la
ricostruzione del locale di Greensboro, in North Carolina, dove
quattro studenti neri ribelli scrissero nel 1960 una storica
pagina nella lotta per i diritti civili. Il National Museum of
American History, uno dei musei gestiti sul Mall di Washington
dalla Smithsonian Institution, ha deciso che e' tempo di
dedicare un'esposizione permanente alla cultura che ha generato,
negli anni, fenomeni come la breakdance, i graffiti e la musica
rap attuale.
Vecchi Dj e musicisti hip-hop della prima ora stanno facendo
a gara ad aprire i propri ripostigli e tirar fuori album di
vinile, giacche di jeans colorate, vistosi gioielli e perfino i
grandi microfoni con i quali i re delle discoteche si lanciavano
nei loro sermoni a ritmi sincopati. ''Adesso a chiunque abbia
qualcosa da dire sulla mia musica, potro' dire, con una raffica
di insulti, di andare al museo'', ha commentato il 'gangsta
rapper' Ice-T, che ha donato le proprie magliette d'epoca e una
collezione di dischi rari.
La mostra permanente si chiamera' 'Hip-Hop won't stop: the
beat, the rhymes, the life' e richiedera' alcuni anni e due
milioni di dollari per essere completata. Gli esperti dello
Smithsonian, che hanno appena annunciato l'avvio del progetto,
gireranno l'America per raccogliere la storia orale della
cultura hip-hop e migliaia di memorabilia da esporre nel museo a
due passi dalla Casa Bianca e dai monumenti storici di
Washington. Una consacrazione che pone ora il genere a un
livello di rispettabilita' pari a quello del jazz. ''La musica
americana - ha spiegato Brent Glass, il direttore del museo - e'
la colonna sonora della storia americana. Hip-hop e' stato parte
della musica americana per oltre 30 anni e meritava
quest'onore''.
Il progetto ha suscitato l'entusiasmo dei pionieri del
genere, a partire dai primi disk-jockey che nel turbolento Bronx
dei primi anni '70 eccitavano le folle con la loro insolita
modalita' di usare il giradischi. Alla presentazione dell'
iniziativa, si sono presentati praticamente tutti i nomi storici
dell'epoca: Afrika Bambaataa, Grandmaster Flash, Russell
Simmons, DJ Kool Herc, tra gli altri.
Per molti di loro, e' anche l'occasione per riflettere sul
fenomeno culturale di cui sono stati e sono protagonisti.
Simmons, uno dei fondatori dell'etichetta DefJam, non ha mancato
per esempio di sottolineare che la sua prima reazione alla
notizia che l'hip-hop entra al museo e' stata di grande
preoccupazione. ''Significa che il genere ha perso la sua carica
di innovazione e la sua novita''', ha detto Simmons, secondo il
quale l'hip-hop e' ''l'unica reale descrizione della sofferenza
del nostro popolo''.
MARCOBARDAZZI.COM
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